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Tod’s e Bulgari i cattivi del lusso

071203_bulgari.jpg Tod’s ultimo, Bulgari penultimo. Non fanno una bella figura, i marchi del lusso italiano, nella classifica dei «ricchi ma buoni» redatta dal Rapporto del Wwf inglese pubblicato ieri. Il Rapporto, intitolato «Deeper luxury», passa al microscopio i dieci maggiori brand mondiali del lusso, per vagliare il tasso della loro eticità . E’ un esercizio abbbastanza diffuso da anni, soprattutto nel mondo angolassone del non profit, quello di attribuire alle società  o ai prodotti rating «etici», esattamente come si dà  il rating sull’affidabilità  del credito opure sulla redditività  di borsa. Ma finora mancava un’applicazione specifica al settore della moda e del lusso: prprio il settore, scrivono in premessa gli estensori del Rapporto, in cui invece tali pagelle possono avere una grande efficacia. E questo perché, scrive il Wwf-Uk, l’élite globale super-benestante che compra questi beni come «simbolo di successo» è sensibile al tema: vuole godere e ostentare tali simboli di splendore, ma non in mezzo allo squallore. Insomma, vuole liberarsi dei diamanti sporchi come le star di Hollywwod dopo la denuncia del film di Di Caprio. (…) Quanto ai primi, ci si rifà  alle pagelle sfornate dai valutatori etici di «Eiris» (Ethical Investment Research Service), che indagano sul comportamento delle società  rispetto alla protezione dell’ambiente, al rispetto dei diritti umani, alla trasparenza della governance, alle relazioni con gli stakeholder, e traggono informazioni dalle stesse imprese, attraverso bilanci, rapporti ufficiali e risposte delle società  ai loro questionari. L’opinione pubblica (articoli, campagne di stampa aventi ad oggetto le condizioni di lavoro, l’impatto ambientale delle produzioni, i rapporti con le istituzioni locali, i prodotti) è invece monitorata e riassunta dai rapporti del gruppo Covalence. Image source: centrovision-opticos.com. > Continue.

Publication: Covalence in the News | Country: Global | Company: Tod’s, Bulgari, Swatch, PPR, Richemont, Coach, LVMH, Hermès, L’Oreal, Tiffany | Source: il manifesto

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